Le farfalle

Nei prati del Monte Barro sono state contattate complessivamente 56 specie, numero che, pure se indubbiamente destinato a crescere a seguito di nuove indagini, appare di per sé elevato, soprattutto in considerazione della limitata estensione del territorio del parco: ad esempio, nei prati magri del Parco del Campo dei Fiori (VA), sostanzialmente simile al Monte Barro ma più esteso sia topograficamente che altitudinalmente, se ne conoscono poco più di una sessantina.

Come era prevedibile, oltre il 25% del popolamento è formato da specie che manifestano una più o meno spiccata termofilia e caratterizzano l’orizzonte dei prati aridi: Colias alfacariensis, Satyrium spini, Lampides boeticus, Cupido minimus, Scolitantides orion, Maculinea arion, Polyommatus bellargus, Arginnis agaja, Boloria dia, Melitaea didyma, Hipparchia fagi, Coenonympha arcania, Lasiommata maera, Lasiommata megera, Hesperia comma.

Le entità oggi presenti e che rivestono maggior interesse naturalistico sono: Heteropterus morpheus, Carterocephalus palaemon, Hamearis lucina, Scolitantides orion e, soprattutto, Maculinea arion e Lasiommata achine. Almeno in passato, era inoltre presente sul monte Zerynthia polyxena, altra specie di interesse conservazionistico.

Heteropterus morpheus nell’Italia settentrionale ha una distribuzione discontinua ed è specie sempre molto localizzata. Frequenta ambienti estremi, dai prati acquitrinosi alle praterie aride. La sua presenza sul Monte Barro al momento sembra molto localizzata, con due piccole colonie, una infeudata agli ampi incolti erbacei del Parco Archeologico, l’altra ai versanti esposti del Sentiero Botanico.

Carterocephalus palaemon presente nella regione alpina ed appenninica, è anch’essa specie sporadica e localizzata. Nel parco pare poco comune e localizzata ai margini dei boschi radi che fiancheggiano i prati magri; generalmente si rinvengono individui isolati.
Hamearis lucina ha subito una progressiva rarefazione in tutta Europa, in genere è poco frequente ed estremamente localizzata; nel parco parrebbe localizzata: è stata rinvenuta solo nei prati e nelle radure dei boschi lungo il percorso archeologico; generalmente poco abbondante, anche nel parco è presente con una piccola popolazione.

Scolitantides orion, anche se non ha lo status di specie minacciata, è considerata rara, a causa delle ristrette colonie in cui vive. Nel SIC è rara e molto localizzata; pochissimi individui osservati agli inizi di luglio nella vegetazione ecotonale lungo il sentiero del muraioo. Gli esemplari dovrebbero essere attribuiti alla sottospecie S.orion lariana Fruehstorfer 1910.

Zerynthia polyxena, Maculinea arion e Lasiommata achine sono incluse nell’allegato IV alla direttiva 92/43/CEE (direttiva “habitat”), nell’allegato II della Convenzione di Berna e inserite tra le specie prioritarie nel “Programma regionale per gli interventi di conservazione e gestione della fauna nelle aree protette” approvato con deliberazione di GR 20 aprile 2001 n.7/4345; Maculinea arion e Lasiommata achine sono considerate “minacciate” nella Check-list delle specie della fauna italiana (BALLETTO & CASSULO, 1995). Maculinea arion compare inoltre con lo stato “LR” nelle liste rosse della IUCN. Seguono brevi note su queste tre specie.

Maculinea arion era in una situazione di sofferenza sul Monte Barro, dove è molto probabile che la sua rarefazione sia dovuta alla progressiva diminuzione delle tradizionali attività agro-silvo-pastorali, che consentivano il mantenimento di idonee cenosi erbacee. La specie, oltre ad essere oligofaga e pertanto legata alla presenza della pianta nutrice (in particolare Thymus cfr.serpyllum), è mirmecofila obbligata con formiche appartenenti al genere Myrmica (soprattutto M.sabuleti e M.scabrinodis, ma secondo il Verity anche Donisthorpea flava).
Popola pertanto ambienti aperti e incolti, su suoli oligotrofi, in parcelle anche di ridotta estensione, ricoperti da bassa e rada vegetazione elio-termo-xerofila. Quando le condizioni ecologiche si alterano per la scomparsa delle cenosi erbacee elioxeriche aperte, scompaiono anche le formiche e le colonie si estinguono.

Maculinea arion è stata rinvenuta in una sola, in prossimità di una delle zone dove più intensamente il Parco ha operato la riconversione a prato di boscaglie termofile. Si può considerare che in questa zona l’avanzata veloce del bosco avesse significativamente ridotto la presenza della pianta ospite, particolarmente eliofila e intollerante dell’ombra. Come accennato, M.arion è oligofaga su timi spesso indicati col nome di “Thymus serpillum”, complesso di entità in realtà differenziato in diverse specie; sul Monte Barro tale gruppo di specie è rappresentato in particolare da: Thymus oenipontanus, Thymus longicaulis, Thymus polytrichus, Thymus froelichianus, Thymus pulegioides.
Alla luce di queste considerazioni, sono state avviate ulteriori azioni a vantaggio di Maculinea arion, e soprattutto un consistente rafforzamento delle popolazioni di Timi autoctoni, appositamente prodotti e messi a dimora in un progetto conclusosi nel novembre 2007.

Lasiommata achine non sembra mostrare segni di sofferenza sul Monte Barro; la popolazione è risultata di buona consistenza, pur non essendo stati indagati tutti gli ambienti dell’ecotone prato-bosco che sembrerebbero costituire il suo habitat preferenziale. Questa specie è sempre molto localizzata in tutto il suo areale di distribuzione ed in alcuni paesi europei è da tempo estinta o in pericolo di estinzione. Le cause del suo declino non sono completamente note e vengono genericamente imputate ai moderni metodi di gestione agricolo-forestale, ai rimboschimenti ed all’uso di concimi chimici nei prati. In Lombardia è nota delle Prealpi varesine, comasche e bergamasche mentre è probabilmente scomparsa dalla pianura. È probabile che sul Monte Barro la specie sia favorita dalla situazione di buona diversità ambientale esistente, con la coesistenza di nuclei boscati di varia estensione (spesso giovani e dal perimetro articolato), radure, prati aridi e zone di ecotono, che costituiscono l’habitat idoneo per gli stadi larvali e per gli adulti.

Secondo la letteratura, L.achine vive nei boschi fitti ed ombrosi, dal piano fino a circa 1000m di quota; la larva si nutre di diverse erbe, sia graminacee (Lolium, Agropyron, Triticum, Dactylis, Melica) che ciperacee (Carex); queste informazioni probabilmente vanno in parte riviste alla luce di nuovi dati che si stanno raccogliendo sulla struttura e la dinamica delle popolazioni; in Svezia, in particolare, si è visto che L.achine predilige stadi dinamici di ricostituzione del manto forestale, particolarmente foreste di querce con nocciolo; sono ambienti che, in assenza di gestione, nell’arco di 30-50 anni mutano per la chiusura delle chiome degli alberi. La dispersione dei singoli individui sembra piuttosto contenuta, in media 85m per i maschi e 123 per le femmine. Nelle cenosi scandinave la larva sarebbe in verità oligofaga e si nutrirebbe soprattutto di Carex montana, specie effettivamente diffusa nelle praterie peralpino-insubriche del Monte Barro; sarebbe inoltre assai selettiva rispetto all’ambiente, frequentando esclusivamente le radure e, in particolare, la stretta fascia di transizione tra le chiarie ed il bosco chiuso; le colonie più dense vivono in aree con copertura arborea del 65-80%: densità maggiori o minori sarebbero sfavorevoli alla sopravvivenza della specie. Si tratterebbe quindi di una ottimo rappresentante dell’assetto vegetazionale attuale del Monte Barro.

Zerynthia polyxena era certamente presente sul Barro, come attestano reperti conservati in collezione; è troppo vistosa per passare inosservata, per cui si ritiene che la mancanza di segnalazioni recenti derivi dalla sua estinzione sul monte; in Italia settentrionale è presente in modo molto localizzato nei boschi golenali della Pianura Padana e nelle aree soleggiate della zona collinare al sud delle Alpi (Val d’Aosta, Val Sesia, Lago d’Orta, Lago Maggiore, zona a meridione del Lago di Como). Il limite settentrionale dell’areale di distribuzione attuale sfiora quindi il Canton Ticino meridionale, dove però Z.polyxena sembra oggi estinta. Anche in Lombardia sono note sia stazioni prealpine (soprattutto nel Triangolo Lariano, ma anche presso la sponda sinistra dell’Adda), sia stazioni planiziali, in particolare nel Parco del Ticino. Le larve sono stenofaghe: le uniche piante ospiti accertate sono alcune aristolochie, tra cui Aristolochia rotunda e A.pallida. Prove di allevamento di bruchi lombardi effettuate su A.clematitis non hanno dato esito positivo (Villa & Balestrazzi, 2004). Sul Monte Barro attualmente risultano presenti A.clematitis e A.pallida.

Tra i motivi della sua estinzione sul Monte Barro vanno certamente considerati i mutamenti nella tessitura agricola del territorio, oggi non più riconoscibile per la ripresa delle dinamiche naturali, con la conseguente scomparsa degli ambienti di margine spesso favorevoli alla specie. Come nel caso di Maculinea arion, le misure gestionali attuate dal Parco per la ricostruzione e la manutenzione dei prati magri dovrebbero favorire la ricostituzione di habitat idonei a Zerynthia polyxena, anche se la sua completa scomparsa nella zona non depone a favore di una veloce ricolonizzazione spontanea del Monte Barro.

Citiamo infine, due ulteriori atti di notevole rilievo: con deliberazione di Giunta Regionale dell’8 agosto 2003, n.7/14106, la gestione del SIC IT2030003 “Monte Barro” è stata affidata al consorzio di gestione del parco regionale, mentre con deliberazione di Giunta Regionale del 15 dicembre 2003, n.7/15648, il parco naturale del Monte Barro è stato classificato Zona di Protezione Speciale o ZPS ai sensi della direttiva 79/409/CEE, confermando il Consorzio quale ente gestore.

Mentre il parco regionale coincide territorialmente con il SIC, il parco naturale e la ZPS, pure perimetrati all’interno del parco regionale, hanno un’estensione più limitata.